Lebbra - Spiega esami

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Lebbra

Esami su sangue completi dalla A-Z > Malattie > Livello 39
Eziologia, epidemiologia e patogenesi
Il M. leprae è un parassita intracellulare obbligato responsabile nel mondo di lebbra in oltre 10 milioni di persone. Anche se la maggior parte dei casi si verifica in Asia, la prevalenza più alta di lebbra si riscontra in Africa. Focolai endemici sono presenti anche in Messico, in America latina e nelle isole del Pacifico. Quasi tutti i 5000 casi stimati negli USA riguardano immigrati da paesi in via di sviluppo che si sono stabiliti in California, nelle Hawaii e in Texas. La forma lepromatosa grave è più comune negli uomini che nelle donne. La lebbra può presentarsi ad ogni età, anche se la maggior parte degli esordi si verifica nel secondo e terzo decennio di vita.
Fino a poco tempo fa l'uomo era considerato l'unico serbatoio naturale del M. leprae, in realtà la malattia è stata rinvenuta nel 15% degli armadilli selvatici in Lousiana e in Texas e anche i primati sub-umani possono occasionalmente ospitare il microrganismo. Il M. leprae può anche essere presente nel suolo. Non cresce su terreni artificiali ma si moltiplica se viene iniettato nelle zampe dei topi.
La trasmissione del M. leprae non è del tutto nota. Tuttavia circa il 50% dei pazienti ha un'anamnesi di contatti stretti con persone infette, di solito conviventi. I pazienti lepromatosi non trattati ospitano numerosi bacilli di M. leprae nella mucosa nasale e nelle secrezioni e si ritiene che il microrganismo venga trasmesso dalle goccioline emesse dal naso. La forma più lieve, la lebbra tubercoloide, viene generalmente considerata non contagiosa. Tuttavia il suolo infetto e gli insetti vettori (p. es., cimici e zanzare) possono avere un ruolo nella trasmissione.
Il periodo di incubazione va da 1 a 2 anni, in media 5-7 anni e può essere  40 anni. Il M. leprae cresce lentamente (tempo di raddoppio 2 sett.). Prima che compaiano i sintomi e segni clinici, un paziente lepromatoso porta con sé un enorme numero di microrganismi, superiore di molti ordini di grandezza rispetto a qualunque altra malattia batterica.
Forme cliniche
La maggior parte delle persone che sono state esposte al M. leprae non si ammalano. Tuttavia spesso sviluppano anticorpi sierici e risposte di immunità cellulare nei confronti del M. leprae. In coloro che sviluppano la malattia, le manifestazioni cliniche e la gravità variano ampiamente.
La lebbra tubercoloide (LT) è a un polo dello spettro evolutivo. I pazienti presentano una o più macchie ipopigmentate e di iposensibilità, a contorni ben definiti, pochi o nessun M. leprae e linfociti in circolo che riconoscono il M. leprae. Il rash, come in tutte le forme di lebbra, non dà prurito. I nervi periferici possono venire danneggiati o ipertrofizzati, sono generalmente asimmetrici e il più delle volte sono contigui alle lesioni cutanee.
La lebbra lepromatosa (LL) è all'altro polo dello spettro. Questi pazienti presentano noduli cutanei simmetrici o placche ripiene di M. leprae e spesso hanno una neuropatia periferica distale; essi non hanno difese immunitarie contro il M. leprae. Possono perdere ciglia e sopracciglia. Nel Messico occidentale e in altre zone dell'America latina, i pazienti affetti da LL, possono presentare infiltrazione dermica diffusa con perdita di peli e di altre appendici cutanee ma senza noduli cutanei visibili, condizione definita lepromatosi diffusa o lebbra bonita. I pazienti lepromatosi possono sviluppare un eritema nodoso lebbroso mentre quelli affetti da lepromatosi diffusa possono sviluppare il fenomeno di Lucio, una grave reazione associata a ulcere (in particolare delle gambe) che spesso diventano infette, provocando batteriemia e il decesso.
La lebbra borderline è nel mezzo dello spettro. Questo tipo è instabile e può diventare più simile alla lebbra lepromatosa o può subire una reazione inversa, portandosi verso la forma tubercoloide.
Stati reattivi
Gli stati reattivi sono eventi di tipo immunologico che provocano sintomi e segni di infiammazione.
Reazioni della lebbra di tipo 1: i pazienti affetti da lebbra borderline possono sviluppare un'infiammazione su lesioni preesistenti, nuove zone di infiammazione cutanea, una neurite (dolorosa, che interessa i nervi ulnari e perineali) ed eventualmente febbre. Se la reazione si verifica prima della terapia, viene chiamata reazione di evoluzione verso l'estremità LL dello spettro; se si verifica durante la terapia, reazione di evoluzione verso il polo LT. Entrambe sono associate rispettivamente a una modifica dell'immunità cellulare e un corrispondente spostamento verso la lebbra lepromatosa o tubercoloide. Nelle reazioni di evoluzione verso il polo LT, l'infiltrazione dermica delle cellule T helper si accresce significativamente, con associato un aumento delle secrezioni di citochine locali, specialmente dell'interferone-g.
Se i pazienti non vengono trattati precocemente le reazioni di evoluzione verso il polo LT che interessano i nervi possono portare a una perdita irreversibile della capacità motoria e della sensibilità. L'unico trattamento efficace è l'aggiunta di corticosteroidi ai farmaci antimicrobici usati. Prednisone, a dosi di attacco di 40-60 mg/die PO, che deve essere continuato per alcuni mesi, spesso a bassi dosaggi di mantenimento (10-15 mg/ die). I corticosteroidi non devono in genere essere iniziati se non in presenza di neurite, di un'infiammazione cutanea che può diventare ulcerata o di coinvolgimento di zone esteticamente importanti. Le infiammazioni cutanee minori non devono essere trattate.
Reazioni della lebbra di tipo 2: circa la metà dei pazienti con lebbra lepromatosa, nei primi anni di terapia antibiotica efficace, sviluppa un eritema nodoso leproso (ENL). Questa reazione può verificarsi spontaneamente prima della terapia, permettendo la diagnosi, oppure può verificarsi fino a 10 anni dopo la terapia, quando i pazienti presentano reazioni negative degli strisci cutanei . L'ENL è caratterizzato da papule o da noduli sottocutanei eritematosi e dolorosi che possono formare pustole o ulcerarsi, febbre, neurite, linfadenite, orchite, artrite (particolarmente nelle grandi articolazioni, solitamente le ginocchia) e glomerulonefrite. Istologicamente sembra trattarsi di una vasculite polimorfonucleare o una pannicolite e si ritiene che sia dovuta a complessi immuni in circolo o a eventi associati all'aumento della funzione delle cellule T helper. I livelli del fattore di necrosi tumorale circolante aumentano. Per la distruzione dei GR o per la soppressione del midollo osseo può verificarsi un'anemia oppure un'infiammazione epatica con leggere anomalie nei test di funzionalità del fegato.
Gli episodi primari e secondari dell'ENL possono essere trattati, se leggeri, con aspirina o, se significativi, con brevi periodi (1 sett.) di prednisone 40-60 mg/die, in aggiunta ai farmaci antimicrobici. Per i casi ricorrenti il farmaco di scelta è la talidomide a dosi di 100-400 mg/die PO. Tuttavia, a causa dei suoi effetti teratogeni, negli USA non può essere prescritta alle donne che possono essere in gravidanza. Gli effetti collaterali sono una leggera costipazione, una modesta leucopenia oppure effetti sedativi.
Complicanze
La maggior parte delle complicanze della lebbra è dovuta all'interessamento dei nervi periferici conseguente sia all'infezione che alla conseguente risposta infiammatoria o alla neurite associata alle reazioni. Possono essere coinvolti i tronchi nervosi e i microscopici nervi dermici. Il nervo ulnare, al livello del gomito, è il tronco nervoso interessato più comunemente e nei casi gravi determina un'ipoestesia distale e la retrazione del 4o e 5o dito. Il coinvolgimento di altri nervi periferici può riguardare i nervi perineali, mediani, il ramo zigomatico dei nervi facciali e i nervi auricolari posteriori. Sono particolarmente colpite le piccole fibre nervose che rispondono alle sollecitazioni del caldo e del freddo, del tatto e del dolore, mentre vengono risparmiate le fibre più grandi responsabili delle sensazioni di posizione e di vibrazione.
Interventi sui tendini possono correggere le incapacità funzionali degli arti e il lagoftalmo ma non devono essere praticati fino a 6 mesi dall'inizio della terapia o di una reazione significativa, soprattutto in ogni zona innervata da uno stesso ramo interessato.
Le ulcere plantari con un'infezione secondaria sono la causa principale di morbilità e devono essere trattate con il curettage e un trattamento antibiotico appropriato. Il paziente deve indossare un'ingessatura a contatto totale che permetta la deambulazione o deve evitare di portare pesi. Per prevenire le recidive le callosità devono essere limate e si devono prescrivere ai pazienti calzature molto larghe (che non facciano attrito contro il piede).
Gli occhi possono essere colpiti gravemente. Nei pazienti lepromatosi i microrganismi possono invadere la camera anteriore; l'ENL può provocare irite, portando al glaucoma. L'insensibilità corneale e il coinvolgimento del ramo zigomatico dei nervi facciali (che provoca il lagoftalmo) può portare a un trauma corneale, cicatrici e cecità. I pazienti con coinvolgimento corneale devono usare regolarmente colliri lubrificanti.
Nei pazienti lepromatosi sono colpite la mucosa e la cartilagine nasale; i pazienti non trattati spesso accusano una congestione nasale cronica e, a volte, epistassi. Se la malattia progredisce in assenza di trattamento si possono verificare, benché raramente, la perforazione e il collasso della cartilagine.
Nei maschi lepromatosi si arriva all'impotenza come risultato dell'abbassamento dei livelli di testosterone sierico e dell'innalzamento degli ormoni follicolo-stimolanti e del fattore di liberazione delle gonadotropine e si può inoltre avere ipospermia, aspermia e sterilità. L'impotenza può essere migliorata con iniezioni mensili di enantato di testosterone 200 mg IM o con la libera applicazione bid sullo scroto di una crema al 5% di testosterone su una base idrofila. L'amiloidosi e la conseguente insufficienza renale si verificano occasionalmente nella lebbra lepromatosa associate a grave ENL ricorrente.
Diagnosi ed esami di laboratorio
La diagnosi è suggerita dal quadro clinico, per le notevoli lesioni cutanee croniche, e confermata dalla biopsia. I campioni bioptici devono essere prelevati dal fronte di avanzamento delle lesioni tubercoloidi poiché la pelle apparentemente normale presenta comunque modificazioni patologiche. Nei pazienti lepromatosi i campioni devono essere prelevati dai noduli o dalle placche, sebbene si possano rinvenire modificazioni patologiche anche nella pelle apparentemente normale. Le biopsie cutanee ottenute dai pazienti lepromatosi mostrano all'esame istologico macrofagi altamente vacuolati (cellule spumose), pochi linfociti e numerosi bacilli alcol acido resistenti (BAAR), spesso in ammassi. Queste cellule persistono anche dopo anni di terapia, quando non sono più presenti i BAAR. Al contrario, le biopsie dei pazienti con la forma tubercoloide contengono granulomi formati da linfociti, cellule epitelioidi e cellule giganti da corpo estraneo che presentano una preferenza per le appendici dermiche, specialmente nervose. Talvolta i pazienti affetti dalla forma tubercoloide presentano solo un'infiammazione cronica non specifica, consistente in un'infiltrazione cutanea linfocitaria disseminata. Una lesione del nervo periferico può anche verificarsi nella sarcoidosi che interessi la cute, ma una reale invasione del nervo che risulti in degenerazione assonica e a volte in necrosi caseosa è patognomonica della lebbra.
Gli Ac di tipo IgM sierici contro un Ag fenolico glicolipidico del M. leprae sono specifici contro questi bacilli. I pazienti lepromatosi hanno quasi sempre gli Ac, che sono presenti altresì solo nei 2/ 3 dei pazienti con lebbra tubercoloide. Nelle aree di endemia tali Ac sono spesso presenti in persone infette ma non malate. Pertanto risulta limitata, nella diagnosi della lebbra, l'utilità degli Ac contro l'Ag fenolico glicolipidico. Essi possono tuttavia essere utili nel controllo dell'attività della malattia, dato che i livelli anticorpali diminuiscono con una terapia efficace e possono salire in casi di recidiva.
Per i test cutanei è disponibile la lepromina (M. leprae ucciso dal calore). Tuttavia, dato che i pazienti lepromatosi presentano delle reazioni negative e quelli con la forma tubercoloide e alcuni individui non malati presentano reazioni positive, la lepromina non è diagnosticamente utile.
Profilassi e terapia
La profilassi con il vaccino BCG o con il dapsone si è dimostrata efficace solo marginalmente e non viene raccomandata.
Con il trattamento le conseguenze mediche sono spesso di modesta entità ma le deformità causate dalla lebbra sono socialmente stigmatizzanti; i pazienti e le loro famiglie sono spesso emarginati. Il trattamento della forma lepromatosa richiede protocolli più intensivi e una durata maggiore di quella prevista per la forma tubercoloide. Per quanto la terapia antimicrobica sia efficace, il regime ottimale rimane incerto.
Per entrambe le forme di lebbra il dapsone (4,4_-diaminodifenilsulfone [DDS]) a dosi di 50-100 mg/die PO (per gli adulti) costituisce la terapia di riferimento. Il dosaggio suggerito per i bambini è di 25 mg 3 volte/sett. per le età da 2 a 6 anni, 25 mg/die per le età da 7 a 12 anni, e 50 mg/die per le età da 13 a 18 anni. Gli effetti collaterali comprendono emolisi e anemia franca (generalmente lieve), dermatosi allergiche che possono essere gravi e, raramente, una sindrome che comprende una dermatite esfoliativa, febbre alta e una linfomonocitosi relativa tipo mononucleosi (la "sindrome da sulfone").
La rifampicina è soprattutto battericida per il M. leprae. È tuttavia troppo costosa per molti paesi in via di sviluppo se somministrata alle dosi raccomandate di 600 mg/die PO. Gli effetti collaterali comprendono epatotossicicità, sindrome simil-influenzale e, in casi rari, trombocitopenia e insufficienza renale quando viene somministrata a intermittenza.
La clofazimina, un colorante del tipo della fenazina che è simile al dapsone nell'attività contro il M. leprae, viene somministrata a dosaggi orali da 50 mg/die a 100 mg 3 volte/sett. Un dosaggio di 300 mg/die è moderatamente attivo contro le reazioni della lebbra di tipo-2 e probabilmente contro le reazioni della lebbra di tipo-1. Gli effetti collaterali comprendono intolleranza GI e una decolorazione disuguale nero-rossastra della cute.
L'etionamide 250-500 mg/die PO è ugualmente efficace. Tuttavia, siccome causa irritabilità GI in molti pazienti e siccome può causare disfunzione epatica specialmente se somministrata con la rifampicina, non viene consigliata a meno che non venga regolarmente controllata la funzionalità epatica.
Recentemente nei trial clinici condotti su pazienti affetti da lebbra lepromatosa tre antibiotici si sono dimostrati in grado di uccidere rapidamente il M. leprae e di ridurre in maniera efficace l'infiltrazione del derma: la minociclina (100 mg PO al giorno), la claritromicina (500 mg PO al giorno) e l'ofloxacina (400 mg PO al giorno). La loro attività battericida nei confronti del M. leprae è maggiore rispetto a quella del dapsone, della clofazimina e dell'etionamide ma non della rifampicina. Solo la minociclina possiede una dimostrata sicurezza per un trattamento a lungo termine quale quello richiesto per la lebbra.
Schemi terapeutici raccomandati: è stata segnalata la presenza di lebbra dapsone-resistente; la maggior parte dei pazienti con resistenza primaria al dapsone rivela una resistenza solo parziale e di fatto risponde al dosaggio usuale. Nonostante ciò l'OMS raccomanda per tutte le forme di lebbra schemi di terapia con associazioni di più farmaci. Negli USA, dove è rara la resistenza primaria al dapsone, si raccomanda di sperimentare sui topi i test di sensibilità dei farmaci per tutti i pazienti diagnosticati recentemente e per quelli che presentino ricadute multibacillari (lepromatosi e borderline). Per la lebbra multibacillare negli adulti l'OMS consiglia il dapsone (100 mg/die), la clofazimina (50 mg/die più 300 mg una volta al mese) e la rifampicina (600 mg una volta al mese). Questo protocollo va mantenuto per almeno 2 anni o fino a che i risultati delle biopsie cutanee risultino negativi (solitamente circa 5 anni). Per la lebbra paucibacillare (che interessa pazienti affetti da lebbra tubercoloide senza BAAR evidenti) l'OMS raccomanda il dapsone (100 mg/die) e la rifampicina (600 mg 1 volta al mese per 6 mesi). Molti specialisti in India raccomandano che la durata del trattamento sia estesa a 1 anno.
Negli USA la lebbra lepromatosa viene trattata con dapsone a dosi di 100 mg/die a vita, con un protocollo iniziale di 2-3 anni con rifampicina a dosi di 600 mg/die. La lebbra tubercoloide viene trattata solo con dapsone a dosi di 100 mg/die per 5 anni. Suggerimenti sulla diagnosi e il trattamento sono forniti dal Gillis W. Long Hansen's Disease Center di Carville, LA (504-642-4755).
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