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Ittero

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Colorazione gialla della cute, delle sclere e di altri tessuti causata da un eccesso di bilirubina circolante.
Un ittero lieve, osservato esaminando le sclere alla luce naturale, è di solito evidenziabile quando la bilirubina sierica raggiunge i 2-2,5 mg/dl (34-43 mmol/l).
Metabolismo della bilirubina
Il catabolismo dell'eme porta alla produzione dei pigmenti biliari; i suoi precursori sono l'Hb dei GR in disfacimento, i precursori dei GR nel midollo osseo, nonché le proteine contenenti questo gruppo prodotte nel fegato e in altri tessuti. Non esiste alcuna prova circa l'esistenza di una sintesi diretta della bilirubina a partire dai precursori dell'eme. La bilirubina, un anione organico pigmentato, strettamente correlato alle porfirine e ad altri composti tetrapirrolici, è un prodotto insolubile del catabolismo. Per essere escreta deve essere convertita in una forma idrosolubile; questa trasformazione rappresenta l'obiettivo finale del metabolismo della bilirubina, che si svolge attraverso 5 tappe fondamentali:
1. Formazione: ogni giorno si formano circa 250-350 mg di bilirubina; il 70-80% deriva dalla distruzione dei GR invecchiati. Il restante 20-30% (la bilirubina precocemente marcata) deriva dalle altre proteine contenenti l'eme, localizzate principalmente nel fegato e nel midollo osseo. Il gruppo eme dell'Hb viene degradato dall'enzima microsomiale eme-ossigenasi, a ferro e a biliverdina, un prodotto intermedio. Un altro enzima, la biliverdina riduttasi, converte, poi, la biliverdina a bilirubina. Questi passaggi avvengono principalmente nelle cellule del sistema reticoloendoteliale (fagociti mononucleati). L'aumentata emolisi dei GR rappresenta la causa più importante dell'aumentata formazione della bilirubina. Un aumento della bilirubina precocemente marcata si verifica in alcuni disordini ematologici con eritropoiesi inefficace, ma di solito non è clinicamente rilevante.
2. Trasporto plasmatico: a causa dei legami idrogeno interni, la bilirubina non è idrosolubile. La bilirubina non coniugata (a reazione indiretta) è perciò trasportata nel plasma legata all'albumina e non può attraversare la membrana glomerulare e quindi non compare nelle urine. Il legame si indebolisce in alcune condizioni (p. es., l'acidosi), mentre alcune sostanze (p. es., certi antibiotici e i salicilati) competono con la bilirubina per i siti di legame dell'albumina.
3. Captazione epatica: sono ancora poco chiari i dettagli della captazione della bilirubina da parte del fegato e l'importanza delle proteine di legame (binding proteins) intracellulari (p. es., la ligandina o la proteina Y). La captazione della bilirubina avviene attraverso un trasporto attivo ed è rapida, ma non include la quota legata all'albumina sierica.
4. Coniugazione: la bilirubina libera concentrata nel fegato viene coniugata con l'acido glicuronico a formare la bilirubina diglicuronide obilirubina coniugata (a reazione diretta). Questa reazione, catalizzata dall'enzima microsomiale glicuronil-transferasi, rende il pigmento idrosolubile. In alcune circostanze, la glicuronil-transferasi forma solamente bilirubina monoglicuronide e la seconda molecola di acido glicuronico viene aggiunta a livello del canalicolo biliare, ad opera di un diverso sistema enzimatico, ma questa reazione non è da tutti considerata fisiologica. Oltre al diglicuronide vengono formati altri composti coniugati della bilirubina di significato sconosciuto.
5. Escrezione biliare: la bilirubina coniugata viene escreta nei canalicoli biliari insieme agli altri costituenti della bile. Questo processo è complesso e può essere influenzato dalla presenza di farmaci o di altri anioni organici. Nell'intestino, la flora batterica deconiuga e riduce la bilirubina a composti denominati stercobilinogeni. La maggior parte di questi viene escreta con le feci a cui dà la colorazione marrone; una quota importante viene assorbita e di nuovo escreta nella bile, mentre una piccola quantità passa nelle urine come urobilinogeno. Il rene può eliminare la bilirubina diglicuronide, ma non la bilirubina non coniugata. Ciò spiega le urine scure tipiche dell'ittero epatocellulare o colestatico e l'assenza dei pigmenti biliari nelle urine dei soggetti con ittero emolitico.
Le alterazioni che si verificano in ognuna di queste tappe possono causare ittero. Un'aumentata formazione, una compromessa captazione epatica o una ridotta coniugazione possono causare un'iperbilirubinemia non coniugata. Una ridotta escrezione biliare causa, invece, un'iperbilirubinemia coniugata. In pratica, sia le affezioni epatiche che le ostruzioni biliari determinano delle alterazioni multiple, che causano un'iperbilirubinemia di tipo misto. Inoltre, quando la bilirubina coniugata aumenta nel plasma, una parte di essa viene legata in modo covalente all'albumina sierica. Questa frazione legata alle proteine (d-bilirubina) non è misurabile con le tecniche di routine, ma spesso rappresenta una componente fondamentale della bilirubina circolante, specialmente durante la fase di regressione dell'ittero.
Nei pazienti affetti da una chiara malattia epato-biliare, non è molto importante, dal punto di vista diagnostico, conoscere i valori della bilirubina coniugata e di quella non coniugata. In particolare, questo non permette di differenziare l'ittero epatocellulare da quello colestatico, perché l'iperbilirubinemia è di tipo misto indipendentemente dalla causa di base. Il frazionamento è utile solo se si sospettano dei disordini di tipo non coniugato (v. oltre); questi disordini determinano un ittero in assenza di un'epatopatia dimostrabile.
Approccio clinico all'ittero
La valutazione clinica e di laboratorio deve rispondere ad alcune specifiche domande: l'ittero è causato da un'emolisi o da un disordine isolato del metabolismo della bilirubina (raro), da una disfunzione epatocellulare (comune) o da un'ostruzione della via biliare (di frequenza intermedia)? Se è presente una patologia epato-biliare, si tratta di una condizione acuta o cronica? Si tratta di un'epatopatia primitiva o delle manifestazioni epatiche di una malattia sistemica? Ne sono responsabili un'infezione virale, l'alcol o un altro farmaco? La colestasi è di origine intra- o extraepatica? È necessaria una terapia chirurgica? Sono presenti delle complicanze? Una dettagliata anamnesi e un completo esame obiettivo sono fondamentali, perché gli errori diagnostici sono, di solito, causati da un'inadeguata valutazione clinica e da un eccessivo affidamento sui dati di laboratorio.
Sintomi e segni
Un ittero lieve senza urine ipercromiche, indirizza verso un'iperbilirubinemia di tipo non coniugato causata dall'emolisi o da una sindrome di Gilbert, piuttosto che da una malattia epato-biliare. Un ittero più grave o la comparsa di urine ipercromiche indicano una malattia epatica o biliare ( per gli altri reperti che indicano un disordine epatocellulare o colestatico, v. oltre). I segni dell'ipertensione portale, l'ascite o le alterazioni cutanee ed endocrine, solitamente implicano un processo cronico piuttosto che acuto. I pazienti spesso notano l'emissione delle urine scure prima della comparsa della colorazione giallastra della cute; allora, il momento della comparsa della coluria fornisce la migliore indicazione circa la durata dell'ittero. La nausea e il vomito, che si manifestano prima dell'ittero, in genere indicano un'epatite acuta o un'ostruzione coledocica di origine litiasica; il dolore addominale e la febbre con brivido depongono per quest'ultima. Un'anoressia e un malessere più insidiosi si verificano in molte situazioni, ma indicano in particolare una epatopatia alcolica o un'epatite cronica.
Si deve comunque considerare anche la possibilità che si tratti di una malattia sistemica; p. es., il turgore delle vene giugulari, in un paziente con epatomegalia e ascite, indica uno scompenso cardiaco congestizio o una pericardite costrittiva. L'aspetto cachettico e un fegato insolitamente duro o nodulare sono causati più frequentemente dalla presenza di metastasi piuttosto che da una cirrosi. Una linfoadenopatia diffusa suggerisce la mononucleosi infettiva in un ittero insorto acutamente e un linfoma o una leucemia in situazioni croniche. L'epatosplenomegalia senza altri segni di epatopatia cronica può essere causata da un processo infiltrativo (p. es., un linfoma, l'amiloidosi), anche se l'ittero è, di solito, minimo o assente in tali affezioni; in zone endemiche, questo quadro è prodotto dalla malaria e dalla schistosomiasi.
Esami di laboratorio
Una lieve iperbilirubinemia, con valori normali delle aminotransferasi e della fosfatasi alcalina, è, di solito, l'espressione di un'emolisi o di una sindrome di Gilbert, piuttosto che di un'epatopatia; ciò viene generalmente confermato dal frazionamento della bilirubina. Per contro, l'entità dell'ittero e il frazionamento della bilirubina non sono utili per la diagnosi differenziale tra ittero epatocellulare e ittero colestatico. Un aumento delle aminotransferasi > 500 U depone per un'epatite o per un episodio di ipossia acuta; un incremento sproporzionato della fosfatasi alcalina fa pensare a una malattia colestatica o infiltrativa. In quest'ultimo caso, la bilirubinemia è generalmente normale o aumentata di poco. Valori della bilirubina > 25-30 mg/dl (428-513 mmol/l) sono di solito causati da un'emolisi o da un'alterata funzione renale sovrapposta a una grave malattia epato-biliare; quest'ultima, da sola, raramente causa un ittero così grave. Bassi valori di albumina ed elevati valori di globuline indicano un'epatopatia cronica piuttosto che una forma acuta. La riduzione di un tempo di protrombina anormale, dopo la somministrazione di vitamina K (5-10 mg IM per 2-3 gg), depone per un processo colestatico piuttosto che epatocellulare, ma questo test ha un valore diagnostico limitato, perché anche i pazienti affetti da una malattia epatocellulare possono migliorare a seguito dell'assunzione di vitamina K.
Gli esami per immagini sono molto utili per la diagnosi delle patologie infiltrative e colestatiche (v. oltre Colestasi). L'ecografia addominale, la TC e la RMN evidenziano frequentemente le lesioni metastatiche e le altre lesioni focali del fegato e, a questo fine, hanno sostituito la scintigrafia epatica. Tuttavia, queste metodiche non sono altrettanto utili nella diagnosi delle malattie epatocellulari diffuse (p. es., la cirrosi), poiché i reperti sono, solitamente, aspecifici.
La biopsia epatica percutanea ha un grande valore diagnostico, ma è raramente necessaria in caso di ittero. La peritoneoscopia (laparoscopia) permette la visualizzazione diretta del fegato e della colecisti senza comportare il trauma della laparotomia ed è utile in casi selezionati. Raramente, in alcuni pazienti con ittero colestatico o con un'epatosplenomegalia inspiegabile, può essere necessaria una laparotomia esplorativa.



     

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