Ipertiroidismo - Spiega esami

Vai ai contenuti

Ipertiroidismo

Esami su sangue completi dalla A-Z > Malattie > Livello 39

IPERTIROIDISMO o  (Tireotossicosi)

Espressione clinica dell’eccesso di ormone tiroideo.

Epidemiologia
Nei pazienti anziani, la prevalenza dell’ipertiroidismo manifesto è compresa tra lo 0,2 e il 2%, valori analoghi a quelli della popolazione generale. La prevalenza dell’ipertiroidismo subclinico (soppressione dei livelli di TSH con concentrazione di T4 e T3 normale, solitamente senza sintomatologia) è sconosciuta.

Eziologia

L’ipertiroidismo dei pazienti anziani è dovuto più spesso al gozzo tossico multinodulare e uninodulare che al morbo di Graves, il quale ne è la causa più frequente negli adulti più giovani. Gli adenomi producono e secernono autonomamente ormoni tiroidei in eccesso, anche se la produzione di TSH è soppressa completamente. Nel morbo di Graves, che è una patologia autoimmune, viene prodotto un anticorpo dotato di attività simil-TSH, diretto contro il recettore per il TSH delle cellule follicolari tiroidee. Nella tiroidite subacuta granulomatosa o linfocitaria, i follicoli danneggiati rilasciano in circolo tireoglobulina, T3 e T4. Un rilascio analogo, solitamente di breve durata, si può osservare anche in determinati casi di malattia di Hashimoto.
Una causa frequente di iperfunzione tiroidea nei pazienti anziani è l’ipertiroidismo indotto dallo iodio, che deriva spesso dall’uso di amiodarone, un farmaco cardiologico contenente iodio che si deposita nei tessuti e libera l’elemento nella circolazione per periodi di tempo molto lunghi. L’ipertiroidismo può conseguire anche a un’ingestione eccessiva di T4 o di T3 (terapeutica o per iniziativa personale del paziente).

Fisiopatologia

Indipendentemente dalla causa dell’ipertiroidismo, il risultato finale è la presenza di un livello di ormoni tiroidei superiore al normale nei tessuti sensibili alla T3. I diversi tipi di ipertiroidismo sono caratterizzati dalla produzione eccessiva di T3 e, in minor misura, di T4. Nell’ipertiroidismo T3, responsabile di una quota < 5% degli ipertiroidismi in tutte le età, la concentrazione sierica di T4 è normale nonostante l’evidenza clinica di iperfunzione tiroidea.
Nell’ipertiroidismo, i tessuti extratiroidei convertono in T3 la T4 secreta in eccesso. Di conseguenza, ai tessuti bersaglio giunge una concentrazione di T3 superiore a quella fisiologica; l’ormone viene poi trasportato all’interno del nucleo, dove si lega a un recettore. In seguito, il complesso ormone-recettore si lega alla regione promoter dei geni sensibili alla T3, causando l’iperproduzione di enzimi e altre proteine che mediano le azioni caratteristiche della T3.

Sintomi, segni e complicanze


Negli anziani, l’ipertiroidismo è un fingitore addirittura superiore all’ipotiroidismo. I pazienti più avanti con gli anni hanno un minor numero di sintomi e segni e un complesso sintomatologico differente, rispetto ai pazienti più giovani. Soltanto circa il 25% dei pazienti ipertiroidei di età ³ 65 anni si presenta con sintomi e segni tipici (v.  TABELLA 65-1). Molte delle differenze di sintomatologia legate all’età sono la conseguenza del processo di invecchiamento e delle malattie concomitanti che modificano gli effetti dell’eccesso di ormone tiroideo. Per esempio, la risposta alle catecolamine si riduce nei pazienti anziani, probabilmente a causa della riduzione del numero o dell’affinità dei recettori catecolaminici. Poiché le catecolamine agiscono sinergicamente con la T3 per la produzione dei sintomi e dei segni tipici dell’ipertiroidismo, la diminuzione della sensibilità alle catecolamine può spiegare la presenza di alcuni sintomi atipici.

Nei pazienti più anziani, la triade sintomatologica classica è rappresentata da tachicardia, perdita di peso e stanchezza (o astenia o apatia), mentre nei pazienti più giovani essa è costituita da tachicardia, gozzo ed esoftalmo. I segni oculari solitamente sono assenti. È frequente la diminuzione dell’appetito; il suo aumento rappresenta un’eccezione. Poiché la frequenza cardiaca a riposo si riduce con l’età, frequenze > 90 battiti/min (più che il valore standard di 100) devono essere interpretate come tachicardia nei pazienti anziani ipertiroidei. Per quanto riguarda il gozzo, la tiroide è di dimensioni normali o non palpabile in circa il 40% dei casi, aumentata di volume e nodulare nel 35% e aumentata di volume in maniera diffusa nel 25%. La diarrea è poco frequente, mentre la stipsi è presente in > 20% dei pazienti anziani. Anche la sudorazione è molto meno comune nei pazienti anziani ipertiroidei. I pazienti anziani ipertiroidei descrivono meno di frequente una sensazione soggettiva di nervosismo e ansia, anche se il tremore osservato è frequente quasi quanto nei pazienti più giovani. L’accentuazione dei riflessi con una fase di ritorno rapida è molto meno comune nei pazienti più anziani che in quelli più giovani.

La sintomatologia legata allo scompenso cardiaco e all’angina può dominare il quadro clinico fino all’esclusione delle caratteristiche abituali dell’ipertiroidismo. Poiché la cardiopatia è molto frequente nelle persone anziane, è possibile che l’eventualità di un ipertiroidismo sottostante non venga sospettata. La sintomatologia GI può essere confusa con la presenza di una neoplasia maligna GI.
La complicanza più comune nei pazienti anziani è la fibrillazione atriale, che nel 27% degli anziani ipertiroidei è presente all’esordio. Se la fibrillazione atriale non si converte in ritmo sinusale normale quando viene ripristinato lo stato eutiroideo, la probabilità di uno scompenso cardiaco e della morte precoce aumenta.
Alla fibrillazione atriale è associato anche un alto rischio di ictus embolico. Altre complicanze importanti sono la depressione (denominata tiroidismo apatico), la miopatia e l’osteoporosi.
La tempesta tiroidea consiste in una rara evenienza, potenzialmente letale, che può verificarsi durante il decorso dell’ipertiroidismo. Insorge di solito quando un evento o una malattia stressante si sovrappongono all’ipertiroidismo o, di rado, quando la terapia con 131I provoca l’immissione massiva di ormoni tiroidei nella circolazione. I sintomi e i segni dell’ipertiroidismo sono presenti, ma ad essi si aggiungono: febbre, tachicardia estrema, nausea, vomito, scompenso cardiaco e modificazioni dello stato mentale o della coscienza. Le concentrazioni sieriche di T4 e T3 non sono più elevate che nei pazienti con ipertiroidismo di intensità abituale; pertanto, la diagnosi di tempesta tiroidea è puramente clinica.

Diagnosi


L’esame di laboratorio migliore è il dosaggio del TSH sierico, la cui sensibilità e specificità sono ³ 0,98. Un valore inferiore al normale suggerisce la presenza di un ipertiroidismo e il riscontro di valori indosabili con un test di 2a o di 3a generazione (< 0,01 mU/l) è quasi patognomonico.
In media, i livelli sierici di T4, T3 e tireoglobulina sono più bassi nei pazienti ipertiroidei più anziani che in quelli più giovani.
Il dosaggio degli ormoni tiroidei non deve essere eseguito contestualmente al dosaggio iniziale del TSH; essi si possono misurare in seguito, per confermare la diagnosi oppure per stabilire che il paziente non è eutiroideo, nel caso in cui i livelli sierici di TSH siano normali, ma il sospetto clinico sia fondato. Il digiuno o le malattie di una certa importanza (ipertiroidismo grave, scompenso cardiaco di origine tiroidea o patologie intercorrenti) riducono la concentrazione di T3, quindi è possibile che un paziente con ipertiroidismo abbia un livello di T3 normale. In caso di malattie più gravi, anche i livelli sierici di T4 e l’indice di T4 libera possono ridursi fino a rientrare nella norma. Se ciò si verifica, la diagnosi viene solitamente suggerita dal riscontro di una T4 libera elevata (misurata con il metodo della dialisi all’equilibrio), di una captazione del radioiodio superiore al normale o di un TSH sierico indosabile con i test di 2a o 3a generazione.
Nei pazienti affetti da patologie sistemiche acute o da disturbi psichiatrici acuti, l’ipertiroidismo deve essere differenziato dall’ipertiroxinemia eutiroidea. Un dosaggio del TSH sierico e la ripetizione del dosaggio della T4 dopo 2 sett. (trascorse le quali i livelli sierici dell’ormone sono generalmente tornati ai valori normali) aiutano a stabilire la diagnosi corretta.

Prognosi e terapia


La prognosi dell’ipertiroidismo è eccellente. In genere il trattamento riporta il paziente allo stato eutiroideo. Se insorge un ipotiroidismo, può essere trattato facilmente con levotiroxina sodica.

La terapia di elezione per la maggior parte dei pazienti anziani con morbo di Graves o con un nodulo autonomo singolo è il sodio ioduro radioattivo (131 I). Questo farmaco viene preferito perché è facile da somministrare e consente di evitare ogni complicanza postoperatoria della chirurgia legate all’età (Vedi: "Complicanze postoperatorie precoci" .). I farmaci antitiroidei (p. es., propiltiouracile, metimazolo [non disponibile in Italia, N.d.T.]) sono efficaci nel trattamento del morbo di Graves, se l’aderenza del paziente al regime terapeutico è buona. Tuttavia, nei pazienti con gozzo tossico uninodulare, gli antitiroidei hanno un’azione lenta e non portano quasi mai alla remissione permanente.
Nel gozzo tossico multinodulare, la risposta alla terapia con 131I spesso è tardiva e incompleta. Poiché possono essere necessarie molte dosi di 131 I, il paziente rimane ipertiroideo per molti mesi dopo la diagnosi. Quindi, può essere preferibile ricorrere all’intervento chirurgico, almeno nei pazienti a basso rischio di complicanze postoperatorie. Ai pazienti ad alto rischio bisogna somministrare dosi elevate e ripetute di 131 I.
Se l’ipertiroidismo è dovuto a tiroidite subacuta, malattia di Hashimoto o danno acuto da radiazioni, la sola terapia efficace consiste nella somministrazione di b-bloccanti e nel controllo stretto del paziente per prevenire le complicanze. I farmaci antitiroidei e lo 131I non sono di aiuto, perché non sono in grado di ridurre la dismissione ormonale incontrollata dai follicoli tiroidei danneggiati.
La terapia abituale dell’ipertiroidismo indotto dallo iodio si basa sui farmaci antitiroidei ad alte dosi e su un b-bloccante. Il trattamento può essere difficoltoso, perché gli ampi depositi di ormone tiroideo presenti nella ghiandola attutiscono l’effetto degli antitiroidei e la notevole quantità di iodio presente nell’organismo riduce marcatamente la captazione dello 131 I.

131 I: non c’è accordo sulla dose appropriata di 131 I per l’ipertiroidismo. Una delle possibilità consiste nella somministrazione di una dose bassa, calcolata in base alle dimensioni della tiroide e alla captazione dello 131I, il cui scopo è quello di indurre uno stato eutiroideo. Un’altra possibilità è rappresentata dalla somministrazione di una dose elevata arbitraria (generalmente 10 mCi o più) avente lo scopo di indurre un ipotiroidismo (una volta instauratosi quest’ultimo, si fa seguire una terapia con levotiroxina sodica). Anche con la terapia a basse dosi, nel 50% dei pazienti si sviluppa un ipotiroidismo entro 20 anni, ma questa opzione riduce alla metà la probabilità di dover utilizzare la levotiroxina sodica in seguito, quando sarà verosimile che i pazienti siano già in terapia con diversi farmaci. Ciò nonostante, le dosi elevate possono avere il vantaggio di offrire al paziente un maggior numero di anni di benessere, perché la risoluzione dell’ipertiroidismo è più rapida e più sicura.

Farmaci antitiroidei: le indicazioni all’uso dei farmaci antitiroidei sono simili in tutte le età. Esse sono: rifiuto dello 131 I da parte del paziente; prima o dopo la somministrazione di 131 I per risolvere più rapidamente l’ipertiroidismo; prima di un intervento chirurgico di tiroidectomia subtotale; infine, come terapia primaria a lungo termine, per cercare di mantenere il paziente in stato eutiroideo finché non si ottenga la remissione della patologia sottostante. Il vantaggio dell’impiego di tali farmaci prima di somministrare dello 131I sta nel fatto che non solo il paziente diventa eutiroideo, ma che, inoltre, la terapia fa esaurire alla tiroide i suoi depositi ormonali, minimizzando il rischio di ipertiroidismo dovuto al loro “svuotamento” nel circolo ematico dopo la terapia con 131I.

Il trattamento a lungo termine con i farmaci antitiroidei dura generalmente da 1 a 2 anni. Se il paziente anziano si attiene alle prescrizioni, solitamente questa terapia ha successo. Poiché negli anziani è caratteristica la presenza di un ipertiroidismo lieve e di una tiroide di piccole dimensioni, la probabilità che la remissione sia permanente è aumentata. Se l’ipertiroidismo recidiva dopo il trattamento con antitiroidei, è necessario somministrare 131 I.

Come terapia di prima scelta, negli anziani i farmaci antitiroidei vengono somministrati nella stessa maniera delle persone più giovani. Il propiltiouracile viene somministrato inizialmente al dosaggio di 150-300 mg/die PO, in dosi frazionate q 8 h. Il dosaggio di mantenimento oscilla tra i 100 e i 150 mg/die, in dosi frazionate q 8-12 h. Questo regime viene ridotto sequenzialmente sulla base dei sintomi, dei segni e dei livelli sierici ormonali, che vengono controllati ogni 2 mesi. È utile tenere sotto controllo anche il TSH. Se la risposta alla terapia è insufficiente, il dosaggio può essere portato a 300 mg q 8 h.

Il metimazolo può essere somministrato in un’unica dose giornaliera; il dosaggio iniziale varia tra 15-40 mg/die. Le dosi vanno regolate ogni 1-2 mesi, a seconda della risposta. Se con il metimazolo o il propiltiouracile il decorso del paziente è irregolare (p. es., il paziente scivola rapidamente nell’ipotiroidismo dopo piccoli aumenti di dosaggio), la soluzione più semplice è quella di aggiungere alla terapia una piccola dose di levotiroxina sodica, di solito 0,05 mg/die.

Una dose farmacologica di ioduro inorganico (qualunque dose > 6 mg/die) agisce inibendo il rilascio degli ormoni tiroidei. In genere la dose ha effetto solo per 10-14 gg. Lo ioduro può essere somministrato come soluzione di Lugol (5% di iodio e 10% di potassio ioduro), da 2 a 6 gocce tid (da 50 a 150 mg/die) oppure sotto forma di soluzione satura di potassio ioduro (1 g di potassio ioduro/ml); la dose raccomandata varia da 5 a 10 gocce tid, anche se questi dosaggi sono molto superiori al necessario (da 750 a 1500 mg/die).

Terapia sintomatica: il propranololo e altri b-bloccanti possono aiutare a tenere sotto controllo la sintomatologia dell’ipertiroidismo. L’ipodato sodico (non disponibile in Italia, N.d.T.) e l’acido iopanoico (mezzi di contrasto colecistografici) sono estremamente efficaci per ridurre il livello sierico di T3 ai valori normali entro 48-72 h (sebbene non siano approvati negli USA per la terapia dell’ipertiroidismo). Nei pazienti con fibrillazione atriale e alti livelli ormonali tiroidei, è bene non tentare la cardioversione finché non si sia ottenuto uno stato di eutiroidismo. Una volta ottenutolo, in circa due terzi dei pazienti il ritmo atriale ritorna spontaneamente alla norma. La sintomatologia psichiatrica di solito regredisce quando il paziente diventa eutiroideo, ma in caso di necessità deve essere trattata. È indicata l’applicazione dei provvedimenti terapeutici standard per la prevenzione dell’osteoporosi, particolarmente nelle donne anziane (Vedi: "OSTEOPOROSI" .).

Tempesta tiroidea: la tempesta tiroidea viene trattata come un’emergenza. La terapia prevede: dosi elevate di propiltiouracile (da 150 a 300 mg q 6 h) somministrate per sondino nasogastrico, se necessario; propranololo (1 mg EV in bolo lento q 5 min, per ridurre la frequenza cardiaca a un valore compreso tra 90 e 110 battiti/min); un glucocorticoide EV (p. es., idrocortisone sodio succinato, 100 mg subito e 50 mg q 6 h successivamente). Può essere somministrato anche sodio ioduro PO o EV (500 mg/die), ma l’ipodato sodico (3 mg in un’unica dose PO o per sondino nasogastrico) è molto più efficace, perché riduce la T3 sierica ai valori normali entro 24 h

Torna ai contenuti