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elenco completo dei sintomi > Sintomi > Sintomi epatici e gastrici

Ascite

Per ascite si intende la presenza di liquido libero nella cavità peritoneale. Nelle malattie epatiche , l'ascite rappresenta un processo morboso ad andamento cronico o subacuto, che non è presente nelle malattie acute (p. es., l'epatite virale non complicata, le intossicazioni da farmaci, l'ostruzione biliare).

Cause epatiche
  • cirrosi, specialmente quella a eziologia alcolica
  • epatite cronica,
  • gravi epatiti alcoliche in assenza di cirrosi
  • ostruzione delle vene sovraepatiche (sindrome di Budd-Chiari).
Cause extraepatiche
  • stato anasarcatico secondario a malattie sistemiche (p. es., lo scompenso cardiaco, la sindrome nefrosica, l'ipoalbuminemia grave, la pericardite costrittiva) e a processi patologici intra-addominali (p. es., la carcinomatosi, la peritonite tubercolare)
  • Ipotiroidismo
  • pancreatite di rado determina la presenza intraperitoneale di un'abbondante quantità di liquidi (ascite pancreatica)
  • ascite nefrogena in pazienti con insufficienza renale, specie quelli in emodialisi, che vanno incontro alla formazione di un versamento peritoneale di difficile spiegazione

Sintomi, segni e diagnosi
L'ascite massiva può essere causa di:
  • senso di fastidio addominale aspecifico e dispnea, ma i versamenti meno pronunciati, solitamente, sono asintomatici.
La diagnosi di ascite viene posta clinicamente in base all'ottusità mobile che si evoca alla percussione dell'addome, anche se l'ecografia o la TC possono mettere in evidenza quantità inferiori di liquido ascitico. Nei casi avanzati l'addome è teso, la cicatrice ombelicale è appianata o estroflessa e alla palpazione si apprezza il segno del fiotto. Solitamente, l'esame obiettivo differenzia l'ascite dall'obesità, dalla distensione meteorica dell'addome, dalla gravidanza, dai tumori ovarici o da altre masse addominali, ma occasionalmente può essere necessario uno studio radiologico o una paracentesi diagnostica. Nelle epatopatie e nelle malattie degli organi addominali, l'ascite di solito è isolata o di entità sproporzionata rispetto agli edemi periferici; nelle malattie sistemiche (p. es., l'insufficienza cardiaca) di solito si verifica l'opposto.
Se esistono dubbi sulla causa, si deve procedere a una paracentesi diagnostica (v. Cap. 19). Si estraggono circa 50-100 ml di liquido e se ne valutano, a seconda dei quesiti clinici, l'aspetto macroscopico, il contenuto di proteine e di cellule ematiche, la citologia, la presenza di germi con l'esame colturale, la colorazione acido-resistente e/o il contenuto in amilasi. Nella maggior parte delle malattie il liquido è chiaro e di color paglierino. L'aspetto torbido e un elevato numero di polimorfonucleati (> 300-500 cellule/ml) indicano un'infezione, mentre il carattere sieroematico del liquido solitamente depone per una neoplasia o per la TBC. Il raro reperto di ascite lattescente (chiloso) è il più delle volte secondario a linfomi. Una concentrazione proteica < 3 g/dl depone per un'epatopatia o per una malattia sistemica; un più alto contenuto di proteine è suggestivo di un processo essudativo (p. es., neoplasia, infezione). Tuttavia, nella cirrosi si osserva, talvolta, una concentrazione di proteine nel liquido ascitico > 4 g/dl. Un indice più affidabile di ascite da ipertensione portale, rispetto al contenuto proteico totale, è rappresentato da un gradiente di concentrazione tra l'albumina sierica e quella ascitica > 1,1 g/dl.
A volte, l'ascite cirrotica, specialmente negli alcolisti, si infetta senza una causa apparente (peritonite batterica spontanea). La diagnosi clinica può essere difficile, dato che il versamento maschera i segni della peritonite. Pertanto, nei cirrotici con un peggioramento inspiegabile delle condizioni generali e con febbre, devono essere eseguiti precocemente una paracentesi diagnostica e un esame colturale del liquido prelevato, soprattutto se il paziente lamenta un fastidio addominale; la presenza di > 300-500 polimorfonucleati/ml di liquido giustifica la terapia. La sopravvivenza dipende dalla precoce e vigorosa somministrazione di antibiotici.
Terapia
Il riposo a letto e la restrizione del Na alimentare sono i capisaldi della terapia. Un apporto di 20-40 mEq di Na/die con la dieta, per quanto non gradevole, aumenta solitamente la diuresi nell'arco di pochi gg e di rado provoca gravi squilibri elettrolitici. Nei casi in cui non si ha risposta alla rigida restrizione del Na, bisogna usare i diuretici. Lo spironolattone, a dosi di 100-300 mg/die PO in 2 o 3 dosi frazionate, è di solito efficace senza causare le notevoli perdite di K, spesso associate all'uso di tiazidici o di altri diuretici analoghi. Se tutto ciò non si dimostra efficace, si deve aggiungere un diuretico tiazidico o un diuretico dell'ansa (p. es., idroclorotiazide, 50-100 mg/die PO o furosemide, 40-160 mg/die PO, in dosi frazionate). Non è necessaria una restrizione dei liquidi, a meno che la natriemia non scenda al di sotto dei 130 mEq/l. La risposta al trattamento può essere valutata attraverso i controlli del peso corporeo e della natriuria. Una perdita di 500 g di peso/die rappresenta la risposta ottimale, dato che il liquido del compartimento ascitico non può essere mobilizzato molto più rapidamente. Un'intensa diuresi induce infatti una perdita di liquidi a spese del compartimento intravasale, specie quando non sono presenti degli edemi periferici; ne possono derivare un'insufficienza renale o degli squilibri elettrolitici (p. es., ipokaliemia), che possono precipitare l'encefalopatia porto-sistemica. La persistenza dell'ascite è solitamente legata a un'insufficiente restrizione del Na alimentare.
La paracentesi terapeutica rappresenta un approccio alternativo. La rimozione giornaliera di 4-6 l è sicura, se contemporaneamente si inietta EV albumina a basso contenuto di Na (circa 40 g/ paracentesi) per prevenire la deplezione del volume intravascolare. Anche una singola paracentesi totale sembra essere sicura. Il trattamento con la paracentesi terapeutica abbrevia il ricovero con un rischio relativamente modesto di squilibri elettrolitici o di insufficienza renale; comunque, i pazienti devono continuare ad assumere i diuretici anche perché tendono a riaccumulare liquido più rapidamente dei pazienti trattati con la terapia tradizionale.
Le tecniche per l'infusione autologa di ascite (p. es., lo shunt peritoneo-venoso di LeVeen) sono gravate da frequenti complicanze. Il loro ruolo nel trattamento dell'ascite refrattaria è controverso. Lo shunt porto-sistemico intraepatico transgiugulare può trattare con successo l'ascite refrattario riducendo la pressione portale, ma è una procedura invasiva e relativamente complessa il cui ruolo non è ancora del tutto chiaro.
 



     

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