Agglutinazione - emoagglutinazione - Spiega esami

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Agglutinazione - emoagglutinazione

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Tra le reazioni diagnostiche più usate vi sono quelle di agglutinazione batterica che acquistano però valore solo se si verificano ad alta diluizione del siero del paziente in esame:
1:100 nelle infezioni tifo-paratifìche (reazioni di Widal),
1:200 nella brucellosi (reazione di Wright);
1:200-1:800 nel dermotifo (reazione di Weil- Felix con Proteus 0X19).
Le prove di agglutinazione hanno acquistato maggiore sensibilità ed utilizzazione con la tecnica dell'agglutinazione indiretta o condizionata, che impiega emazie di montone o minutissime particelle di polistirolo opportunamente «sensibilizzate», alla superficie delle quali, cioè, sono stati fatti aderire determinati estratti microbici.
Nella reazione di agglutinazione l'antigene consiste di sospensioni (microrganismi, emazie, particelle di latex o di bentonite su cui vengono adsorbiti antigeni) che, accuratamente miscelate con l'antisiero specifico, agglutinano fino a formare ammassi visibili che si depositano sul fondo della provetta.
Nell'antisiero possono essere presenti anticorpi diretti contro uno solo o più dei vari antigeni batterici e visibilmente lìagglutinazione può essere di tipo differente, a seconda del tipo di antigene: ad esempio nelle salmonellosi il complesso antigene- anticorpo flagellare precipita sotto forma fioccosa e maschera il complesso somatico sotto forma granulare.
Il titolo delle agglutinazioni sieriche corrisponde evidentemente alla diluizione più elevata nella quale si verifichi ancora agglutinazione macroscopicamente apprezzabile. È sempre necessario cimentare il siero con diluizioni progressivamente crescenti di antigene (o viceversa) per evitare le false negatività legate all'inibizione della agglutinazione nella «zona di eccesso di anticorpo», a quelle concentrazioni sieriche cioè in cui il tasso di anticorpi è nettamente più elevato rispetto al livello di antigene disponibile (fenomeno di «prozona»).
Per quanto riguarda i batteri, il fenomeno è ben visibile con alcune specie batteriche, mentre è di scarsa intensità con altre.
Le agglutinazioni batteriche più usate nella pratica medica sono quelle di Widal per il tifo e il paratifo, la reazione dì Wright per le brucelle e la reazione di Weit e Felix verso il Proteus 0X19, che rende possibile la diagnosi di tifo esantematico. Altre reazioni di agglutinazione sono quelle per la Pasteurella tularensis (nel qual caso si possono avere reazioni crociate con la Brucella abortus per resistenza di antigeni in comune) e per h Leptospire.
Esistono procedimenti differenti per attuare le reazioni di agglutina-zione, ma il più semplice ed il più comunemente usato consiste nel mettere nelllo  stesso tubo una determinata quantità di sospensione batterica ed una di siero A
variamente diluito. Se nel siero sono presenti gli anticorpi verso la specie batterica usata quale antigene, dopo due ore a 56°C ovvero dopo 12-24 ore a 37°C, si osserverà la formazione di ben visibili fiocchi costituiti da batteri legati fra di loro.
Il titolo della positività sarà dato dalla massima diluizione del siero che determi na l'agglutinazione. Se, ad esempio, un siero antitifico riuscirà ad agglutinare S typhi anche se diluito 500 volte diremo che il suo titolo è di 1/500.
L'agglutinazione degli eritrociti, o emoagglutinazione, è di larga applicazione ; la determinazione dei gruppi sanguigni, ma è anche usata nella diagnosi delle  malattie infettive, e precisamente di alcune malattie virali (influenza, parotite ecc). È anche conosciuta come HA o Hirst test. Questi virus hanno la proprietà di fissarsi specìficamente sui globuli di alcune specie animali e di agglutinarli. Gli anticorpi, che Vuomo e gli animali da esperimento elaborano contro questi virus, inibiscono anche Vemoagglutinazione e su tale fenomeno è basato il test di inibi-zione dellemoagglutinazione, che è molto usato in virologia .
Un altra applicazione virologica dell'emoagglutinazione trae spunto dal fatto che alcuni virus (ad esempio Vherpes simplex) pur non riuscendo ad agglutinare i glo-buli rossi direttamente possono farlo per via indiretta. A questo scopo bisogna anzitutto fare adsorbire le particelle virali sulle emazie, ciò che si attua trattando queste con acido tannico; in presenza di un anticorpo contro il virus adsorbito sugli eritrociti, questi agglutineranno in grossi grumi. Un altro tipo particolare di agglutinazione è la cosiddetta agglutinazione a freddo. In alcune malattie (tripanosomiasi, polmonite primaria atipica, ecc. ) si ritrovano nel sangue particolari anticorpi («cold-agglutinins» degli anglosassoni) che hanno la proprietà di agglutinare gli eritrociti umani del gruppo zero a +2°/+4°C e non a 37°C. È stato anche possibile isolare queste agglutinine facendole adsorbire ai globuli rossi ed eluendole quindi a 37°C. Si è dimostrato così trattarsi di globuline ad alto peso molecolare con S = 18. Una emoagglutinazione è anche la reazione di Paul e Bunnell-Davidsohn (Vedi), impiegata per la diagnosi di mononucleosi infettiva.
Altri test di emoagglutinazione sono quelli per la dimostrazione degli anticorpi bloccanti; questi si legano alla superficie degli eritrociti ma non sono capaci di agglutinarli e per tale ragione venivano considerati «incompleti» ossia univalenti e cioè dotati di un solo paratope il che, comunque, si è dimostrato erroneo. Questi anticorpi hanno particolare importanza nella isoimmunizzazione (trasfusioni, malattia emolitica del neonato da gruppo Rh) e possono essere messi in evidenza dal test di Cootnbs diretto e indiretto (Vedi): nel metodo diretto la dimostrazione degli anticorpi bloccanti già fissati agli eritrociti viene fatta a mezzo di un siero anti-Ig che fissandosi agli Fc di due anticorpi bloccanti provoca l'emoagglutinazione. Nel test indiretto eritrociti normali Rh D vengono messi a contatto con il siero in esame; dopo incubazione si aggiunge un siero anti-Ig il quale anche in questo caso provocherà l'agglutinazione delle emazie.
Il metodo diretto è molto usato per la diagnosi di alcune anemie emolitiche, mentre quello indiretto è il più indicato per la diagnosi della malattia emolitica del neonato.
Agglutinazione con lattice: L'agglutinazione di particelle di lattice rivestite dall' anticorpo specifico dimostra in modo rapido la presenza di antigeni batterici aemophilus, Neisseria, streptococco, ecc.) e micotici (antigene polisaccaridico cnptococcico) nel siero e nel liquor.











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